Il successo di una campagna deriva sì dall’immagine o della creatività, ma anche il copy gioca un ruolo fondamentale.
Quante volte davanti ad una nuova inserzione mi è capitato di chiedermi: “Cosa diavolo ci scrivo nel copy?”
In questo articolo voglio mostrarti vari modelli che uso per strutturare il copy e trovare nuove leve di marketing, in modo che il copy delle inserzioni sia persuasivo e converta.
Il modello AIDA
Circa una decina di anni fa le cose per le aziende erano molto più semplici: le imprese producevano prodotti che venivano venduti a masse di persone raggiunte attraverso la pubblicità su stampa radio e TV.
Per quasi un secolo il marketing ha girato intorno un modello ideato nel 1898 dal pubblicitario americano Elias Elmo Lewis. Il modello era AIDA (awareness, interest, desire, action).
Acronimo che in italiano possiamo tradurre con le parole attenzione, interesse, desiderio e azione.
Per vendere un prodotto si passavano dei livelli necessari che partivano dalla conoscenza del prodotto per arrivare alla considerazione, al desiderio di comprarlo e l’acquisto vero e proprio.
Questo modello funzionava per tutti perché per il marketing eravamo tutti uguali.
Questo percorso assumeva la forma di un imbuto da cui la tanto abusata espressione funnel di vendita.
Questo modello non è altro che il percorso che fa l’utente in relazione al brand.
C’è chi chiama questo modello funnel, un termine corretto ma che gli ultimi anni è stato sfruttato da marketer improvvisati fino a svalutarlo del tutto.
Io preferisco chiamarlo brand lift, una definizione delle grandi agenzie preferite anche dei colossi da pubblicità come Facebook e Google. Con brand lift ci si riferisce al percorso di ascesa che un marchio fa dalla non conoscenza fino alla conversione.
Come funziona la pubblicità?
Ci sono diversi modelli pubblicitari che cercano di spiegare quale percorso fa un utente della prima volta che vede un marchio a quando acquista, dalla prima impression alla conversione.
Anche se molti diversi tra loro, questi modelli hanno in comune la visione secondo cui una pubblicità che funzioni deve:
- essere vista
- essere letta
- essere ricordata
- spingere all’azione.
In università ti spiegano tantissimi di questi modelli dal modello Starch a Hepner
Ricercando online e facendo il sunto di questi due autori un annuncio che funzioni deve:
- Attirare l’attenzione
- Provocare il desiderio
- Indurre all’azione
- Contribuire alla soddisfazione
Come si può notare è la replica più o meno esatta al modello Aida. Il modello che ha avuto più successo e ci può essere utile in questo percorso social è conosciuto come “think, feel, do”.
Cioè “pensare, percepire, agire”.
Con questo modello a mente la pubblicità dovrebbe passare per una serie di fasi:
- non conoscenza del prodotto;
- consapevolezza e conoscenza;
- conoscenza delle qualità e delle caratteristiche;
- atteggiamento favorevole;
- preferenza rispetto agli altri prodotti;
- desiderio di acquisto, acquisto;
In questi punti possiamo classificare il punto 1 e 3 nella fase “think”
I punti 4-5 nella fase “feel” e 6 nella fase “do”
Questo percorso è imprescindibile ed il passaggio da una fase all’altra può essere immediata oppure richiedere molto tempo, come per esempio la vendita di un auto o di una semplice cover del cellulare.
Questi modelli ti ricordano qualcosa?
I modelli ed i social
Apri il tuo gestione inserzioni e crea una nuova campagna.
Uno dei primi step è proprio la scelta dell’obiettivo suddiviso, guarda caso, in tre grandi categorie.
Notorietà, considerazione, conversione.
Con queste nozioni vediamo ora come scrivere un copy che converta per le tue Facebook ads.
Prima di pensare a cosa scrivere ti consiglio queste due guide:
– Come installare il pixel di Facebook
– Come creare creatività che convertano su Facebook Ads
Scrivere un copy per campagne di Facebook Ads
Per scrivere un copy efficace bisogna capire a chi stiamo comunicando.
Prendi i modelli spiegati poco fa e individua in che fase del percorso si trova il cliente che vuoi colpire.
Ad esempio:
Vuoi comunicare a persone che non sanno che esiste il tuo brand? Fase iniziale. (Prospecting, Tofu, Think, chiamala come preferisci 🙂 )
L’obiettivo di questa fase è farsi conoscere da un pubblico più o meno ampio.
Se sei un’azienda nuova che non è ancora conosciuta o sta lanciando un nuovo prodotto è essenziale iniziare con una campagna che permetta agli utenti di cominciare a ricordarsi di noi.
La memoria di un brand o di un prodotto è un elemento fondamentale di ogni strategia pubblicitaria di successo.
Se non ci conoscono, non ci comprano.
Cosa scrivo nel copy?
Chi si trova davanti a un post da creare immancabilmente si chiede: “Cosa ci scrivo?”.
La risposta a questa domanda varia in base al prodotto, destinatario, obiettivo e mezzo rendendono ogni singolo post o annuncio un’esperienza a parte.
In questo paragrafo proverò a presentarti i modelli principali e scolastici che ho appreso in università:
- il modello basato sui bisogni;
- il modello basato sugli interessi;
- la pubblicità razionale;
- la pubblicità emotiva;
- il modello USP;
Sono modelli teorico-pratici indipendenti ma che possono essere usati in contemporanea per aumentare la probabilità di ottenere un messaggio che funzioni.
Piramide di Maslow
Nota anche come gerarchia dei bisogni lo statunitense, Maslow concepì cinque livelli, dai più elementari ai più complessi.
La piramide rappresenta la realizzazione di un individuo che passa dai diversi bisogni:
- Bisogni fisiologici (fame, sete, sesso)
- Sicurezza e protezione (salute, casa, lavoro)
- Appartenenza (amicizia, amore, affetto)
- Stima, successo e prestigio (autostima e realizzazione professionale)
- Realizzazione di sé (moralità, creatività e accettazione)
Ovviamente al giorno d’oggi i primi livelli non hanno nulla a che vedere con i social.
Pensateci un attimo, nessuno dei vostri amici pubblica post sui primi tre livelli della piramide.
Nel mondo occidentale, dove la gran parte delle persone ha messo in sicurezza i livelli primari le esigenze si sono spostate sui valori 4-5.
Ovviamente la soddisfazione di quelli della parte bassa non è del tutto scontata: per esempio, la presenza su LinkedIn di un giovane diplomato è dovuta alla ricerca di un lavoro.
Cosa ci insegna la piramide di Maslow?
Possiamo utilizzare questi livelli piramidali come leve per creare il nostro copy.
L’interesse algoritmico
Questo è sicuramente uno dei più interessanti e allo stesso tempo più discussi topic del web.
È stato verificato da decine di studi che le persone si espongono a cose per cui provano interesse, soprattutto se questi messaggi comunicano benefici.
Gli uomini, per esempio, tendono a esporsi ai contenuti sulle auto cinque volte in più rispetto al genere femminile.
Le donne, invece, si espongono a film e abbigliamento il doppio rispetto a viaggi e il quadruplo rispetto a liquori e macchinari.
Non è una sorpresa, no?
Cerchiamo contenuti che siano in linea con la nostra visione del mondo.
È il fenomeno dell’esposizione selettiva: ci esponiamo principalmente solo a messaggi che sono coerenti con la nostra personalità, rifiutando tutto quello che non è in linea con questa visione.
Questo vale per l’articolo di un giornale, un’opinione politica o un post aziendale.
“L’interesse diventa l’elemento che guida la composizione del messaggio.”
Se seguiamo pagine di cucina, siamo un target interessante per chi vende pasta, olio o vino.
Se seguiamo giornali di sinistra o destra, siamo un target per i partiti politici dei due schieramenti.
L’interesse diventa l’elemento che guida la composizione del messaggio.
Non è un modello nuovo perché la pubblicità di tipo contestuale è stata la norma per più di un secolo: sulle riviste di moda si pubblicizzavano i vestiti e su quelle di viaggio le destinazioni turistiche.
Oggi questo modello si basa soprattutto sulla raccolta dei dati da parte dei grandi protagonisti online che sanno cose su di noi che forse ignoriamo noi stessi.
Gli algoritmi di Facebook, LinkedIn e Instagram funzionano con qualcosa di simile: analizzano i nostri comportamenti, ci collocano in segmenti di interessi e poi ci espongono a pubblicità a cui potremmo essere interessati.
La costruzione di un messaggio efficace in questo caso deve tenere conto di un dato emerso da diversi studi: non è facile far cambiare idea alle persone.
Questo vale se vogliamo convincerle a comprare un’auto, smettere di fumare o votare un partito diverso da quello appoggiato con costanza in passato.
Un messaggio che differisce troppo dalle opinioni che una persona ha, troppo distante dalla sua “sfera di accettazione”, non influenzerà il destinatario.
I consulenti dei politici conoscono bene questa variabile: infatti, non cercano mai di pescare voti nello schieramento opposto al proprio ma ci provano con gli indecisi, persone che non hanno un’opinione politica solida e quindi sono disposte a cambiare idea.
Se vogliamo convincere una persona che mangia normalmente carne a consumare più frutta e verdura, è sbagliato cercare di farla diventare vegetariana.
Il messaggio è troppo lontano dalla sua sfera di interesse, quindi lo rifiuterà.
Se vogliamo vendere bici elettriche a persone che normalmente usano l’auto, non possiamo proporla come alternativa definitiva alla macchina, dobbiamo suggerirla come mezzo per muoversi solo in città.
La pubblicità ha due scuole di pensiero: quella che ha preferito la via “riflessiva”, trattando il mezzo come lo stimolo di un percorso logico e razionale, e quella che invece riteneva vincente l’approccio emotivo, in cui gli elementi razionali sono quasi assenti e la risposta “di pancia” predomina.
Questi contenuti cercano di colpire lo stato d’animo della persona, il cuore più che il cervello.
Ovviamente non c’è separazione netta tra i due modi di vedere; l’ideale è comunicare i benefici tangibili di un prodotto attivando sia la risposta emozionale sia quella razionale.
Vediamo quindi le principali differenze tra i due modelli.
La pubblicità razionale
La pubblicità e i contenuti social sono prima di tutto uno strumento di informazione: un post permette di scoprire nuove aziende, prodotti, servizi, sconti e tutto quanto può essere utile per migliorare la propria vita.
Quando parlo di informazione non intendo un elenco di caratteristiche fredde e illeggibili, ma una giusta quantità di aspetti resi nel modo più semplice.
I modelli razionali hanno una cosa in comune: sono concentrati sul vantaggio per il destinatario.
Vediamo un esempio:
Questa inserzione comunica tutte le caratteristiche tecniche.
Le caratteristiche tecniche riguardano il prodotto, come è fatto, con quali materiali.
Molte volte sono scritte in linguaggio tecnico o settoriale, diventando incomprensibili ai più.
Se le caratteristiche non vengono spiegate, tocca al lettore cercare di interpretarle: potrebbe non riuscirci o, ancora peggio, interpretarle in modo sfavorevole.
Diverse ricerche dimostrano che i contenuti informativi ricevono meno like e commenti rispetto a contenuti divertenti ed emozionanti.
Diversi modelli hanno cercato di spiegare il funzionamento della pubblicità attraverso criteri razionali.
Ma gli umani sono molto più che razionalità, quindi ora vedremo il modello che hanno puntato sull’emotività.
La pubblicità emotiva
L’altro grande modello pubblicitario è quello basato sull’emotività e appoggia le proprie basi su comportamenti umani ampiamente studiati in psicologia.
Le inserzioni che fanno leva sulle emozioni si ricordano meglio, più a lungo e con più dettagli rispetto a quelli neutri.
L’emozione rilascia nel cervello la dopamina che segna quel ricordo come importante e lo rende più duraturo.
Ovviamente ciò che è emozionante per una persona non lo è per un’altra, ma è certo che ci siano alcuni stimoli universali.
Sono soprattutto quelli legati alla nostra sopravvivenza, ma non solo: cibo, paura, sesso, gioia, nostalgia e incredulità attivano emozioni.
Nel nostro caso, le emozioni devono essere pertinenti con gli obiettivi social, altrimenti si finisce come molte aziende che mettono l’ennesima donna seminuda solo per attirare l’attenzione, senza alcun collegamento con il prodotto da vendere.
Vediamo alcune delle emozioni principali veicolate dalla pubblicità e dai contenuti aziendali.
Paura
I richiami basati sulla paura sono da sempre associati, in modo più o meno forte, ai contenuti aziendali. Le campagne sociali per ridurre incidenti, vizi e malattie di solito fanno appello al timore di subire conseguenze devastanti.
La stessa FOMO, la paura di essere tagliati fuori, spinge le persone a registrarsi sui social, a non cancellare gli account, a comprare oggetti solo perché altrimenti si sentirebbero tagliati fuori da uno sconto imperdibile, anche se magari non ne hanno bisogno.
Lo schema di funzionamento è semplice.
Un copy che fa leva sull’emotività in particolare sulle paure deve avere:
- attivare l’attenzione con un messaggio ansiogeno;
- far salire la tensione emotiva;
- suggerire come il prodotto elimina la paura.
Non strafare: immagini e video scioccanti attivano meccanismi di difesa che rendono gli appelli alla paura inefficaci e, in alcuni casi, controproducenti.
Sesso
Il richiamo sessuale è un superstimolo universale. Ma funziona davvero per la nostra attività social?
Diversi studi hanno dimostrato che il sesso è uno strumento eccezionale per fermare l’attenzione delle persone, soprattutto degli uomini, ma il ricordo della marca che procura è meno efficace.
Le persone tendono a trattenere soprattutto gli aspetti non-brand della pubblicità.
Gli uomini ricordano di meno la marca associata all’immagine sessuale, perché tutta la loro attenzione viene incanalata dal corpo femminile.
Le donne, invece, ricordano di più ma associando negativamente il contenuto al brand. I riferimenti sessuali nei contenuti, quindi, funzionano poco ed espongono l’azienda a rischi di sessismo e discriminazione.
Divertimento
La storia della pubblicità è piena di campagne che hanno fatto ridere tantissimo ma vendere poco.
La prima cosa da dire, quindi, è che il divertimento non è un obiettivo di marketing.
Il divertimento è uno strumento e deve essere sempre funzionale agli obiettivi aziendali.
Il video di un gattino che fa milioni di visualizzazioni crea notorietà per il gattino, non per la tua azienda.
In generale, lo humour aiuta la pubblicità, la rende più umana, vicina alle persone, apre le porte della percezione, fa passare le informazioni sul prodotto e crea risultati positivi in termini di ricordo e propensione all’acquisto.
USP
Le USP (Unique Selling Proposition) cerca di trovare in ogni prodotto una caratteristica unica che lo differenzia dagli altri, da rendere protagonista del messaggio.
Risponde alla domanda: perché dovrei comprare il tuo prodotto?
A livello di advertising questo è un modello molto interessante che sottolinea cosa ti differenzia dagli altri.
Per scrivere al meglio il tuo copy fai un brain storming su cosa ti differenzia dai tuoi competitor rendilo leggibile e comprensibile per la massa, ti assicuro che questa è una grossa leva.
La scrittura efficace per il copy sui social
In questa sezione parlerò della parte tecnica e delle fasi a cui dovrai andare incontro per la stesura del tuo copy.
Progettare il testo
Questa fase è divisa a sua volta in quattro parti:
- definire gli obiettivi della comunicazione;
- definire il destinatario;
- decidere tono, stile e livello di formalità del testo;
- organizzare il testo.
Definisci quali obiettivi deve raggiungere la tua azienda.
Devi vendere? O aumentare brand awareness?
Successivamente prendi il tuo funnel di vendita, individua a che punto del percorso si trova il cliente che vuoi colpire.
Studia come comunicano i tuoi clienti, che tono di voce usare all’interno del testo.
In fine organizza il testo in pochi paragrafi di circa 80 caratteri.
Ricordati: le prime due righe sono le più importanti, usale per catturare l’attenzione (modello AIDA).

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Ehi, sono Matteo Tobia. Spero che questo articolo ti stia tornando utile. Se vuoi che ti aiuti con il tuo business semplicemente prenota una chiamata
Bonus: 15 post che funzionano (quasi) sempre
Anche l’organico ha la sua importanza.
Infatti di seguito troverai alcuni esempi di struttura di post già testati che creano engagement (quasi) sempre.
Post per gruppi B2B
- Post con CTA “Connettiamo! Pubblicate nei commenti link al vostro profilo Linkedin”
- Post con CTA “Descrivete nei commenti la vostra posizione lavorativa attuale”
- Post con CTA “Scrivete nei commenti che servizi offrite per scatenare collaborazioni”
- Post con CTA “Scrivete nei commenti che cosa cercate, per scatenare collaborazioni”
- Post con CTA “Chi sta assumendo? Chi sta cercando opportunità di lavoro? Scrivetelo nei commenti”
Post per gruppi B2C
- Post con CTA “Connettiamo! Pubblicate nei commenti link al vostro profilo Instagram”
- Post con CTA “Pubblicate nei commenti foto di tipo X, le più belle le mettiamo sui social”
- Post con CTA “Pubblicate nei commenti foto di tipo X, la più bella diventa la cover del gruppo”
- Post con Indovinello e CTA “Il primo che indovina rispondendo nei commenti vince un BONUS”
- Post con CTA “Qual il miglior X nella vostra esperienza?” es. miglior posto per fare un viaggio da soli
Post evergreen
- Post CAVEAU: “Hai 24h per commentare qui sotto, a chi lo fa mando link a raccolta di BONUS”
- Post “Per 24h accetteremo qualsiasi amico invitato da voi” (valido solo per gruppi chiusi)
- Post pinnato in alto con regolamento + link ad un BONUS sempre disponibile. es. Guida
- Post periodico con CTA taggando la gente “nuovi membri del gruppo, presentatevi qui sotto”
- Post con CTA “Ovunque tu sia fatti un selfie in questo momento e condividilo nei commenti a questo post.”
L’intento di questi post ovviamente è creare engagement in modo da aumentare il traffico organico venendo premiati dall’algoritmo.
Conclusioni: come scrivere un copy efficace per Facebook Ads
In questo articolo abbiamo visto diverse tecniche e spunti utili per costruire il copy perfetto.
Riassumendo:
- Studia il tuo target
- Tieni in considerazione i modelli presentati (i miei preferiti: USP, AIDA, modello emotivo)
- Scrivi in modo semplice, con un tono adatto e la punteggiatura corretta.
- Includi una CTA
A presto,
Matteo
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